Il 6 maggio 1976, verso le ore 21, a Milano, a casa del dottor Leo Aletti alcuni amici conversavano con don Luigi Giussani, ascoltando la radio locale. Improvvisamente la radio diede la notizia di un forte terremoto in Friuli.
Quella notte don Giussani fu tormentato da incubi perché sicuramente un popolo e la sua Chiesa stavano soffrendo.
Il giorno dopo le televisioni e i giornali cominciavano a mostrare le immagini di una tragedia, forse mille morti. Il movimento di Comunione e Liberazione, nato da don Luigi Giussani, non aveva mezzi ma aveva persone. Mandò in avanscoperta una staffetta dal Vescovo di Udine.
Qualche giorno dopo, durante una riunione, don Giussani chiese la disponibilità agli amici per andare in Friuli ad aiutare la popolazione in autotassazione (2000 lire al giorno, per non essere di peso a nessuno), per una o due settimane.
Qualcuno fece il nome di don Antonio Villa e così don Giussani lo inviò con un gruppo di giovani.
Li accolse a Tarcento il parroco dell’epoca mons. Francesco Frezza che li fece accomodare in una stanza impolverata e sporca di calcinacci. Don Giussani fornì ai suoi poche e chiare raccomandazioni: “Siete qui a disposizione del parroco. Non dovete procurare difficoltà di nessun genere a nessuno. Appena non sarete più utili tornerete a casa.”
Mons. Frezza chiese aiuto all’esercito che invio due capitani e un drappello di militari che installarono due tendoni nel cortile: uno con funzione di cappella, l’altro come aula magna che raccoglierà per mesi i piccoli in caso di pioggia, sino ai primi mesi del 1977. Lo chiamarono campo “Tre stelle” come quelle che indicano il grado dei capitani.
Don Villa e i suoi si accontentarono del poco o nulla. Girarono in paese con un altoparlante e invitarono i bambini terremotati ad andare al campo presso la Domus Mariae. Si presentarono a decine, già dal giorno dopo. Caritativa, missione, condivisione, cultura furono vissute con impeto. Voglia di stare insieme, di comunicare, di giocare. Ogni giorno divenne così una piccola festa. Le sere trascorsero attorno ad un braciere dove si cantava e si ascoltava mons. Frezza.
Il popolo friulano amava la compagnia.
Da Milano arrivarono forze fresche ogni 15 giorni, sempre autotassandosi a 2000 lire al giorno, sempre per non pesare a nessuno.
Il 29 giugno 1976 ricorse il Santo Patrono di Tarcento, San Pietro, che sino ad allora fu sempre stato un momento di festa. In quei momenti però il pensiero provocò difficoltà ma la promessa della presenza dell’Arcivescovo Battisti per la Messa solenne diede entusiasmo a tutti tanto da riorganizzare comunque la festa tra le macerie con musica, giochi e danze.
I luoghi terremotati, in conseguenza alla decisione di restare, divennero le nuove dimore con una sfida: bisognava imparare a vivere senza una casa.
Don Villa e i giovani milanesi accolsero i piccoli che andarono alla Domus Mariae a decine e poi a centinaia. Portavano loro sollievo attraverso canti, giochi, musica e balli, allontanandoli dal pianto e dal dolore.
Anziché fuggire dal terremoto lo guardarono in faccia, pitturarono le macerie e traforarono le mura sbrecciate in pareti di una “casa all’aperto”. Dipingere murales divertì i piccoli e i ragazzi più grandi, sotto la guida di maestri appassionati. Ogni giorno quei siti divennero sempre più belli; divenne ogni giorno più bello, tanto da rendere più facile il ricominciare, l’imparare a vivere.
Una sera del 1978 raggiunse il campo “Tre Stelle” don Jack (don Riccardo Micolini) portando con sé un progetto di scuola prefabbricata, quale donazione dell’Assolombarda. Suscitò curiosità: un grande spazio, sei aule in esso confluenti, una cupola geodetica come palestra. Venne il desiderio di farla installare nel cortile della Domus ma non ci stava.
Una mattina seguente, il sig. Turrini, notando don Villa triste sul muretto d’ingresso della Domus, per poter installare la scuola dell’Assolombarda, gli offrì il proprio terreno a confine col campo, scosceso sul torrente Torre. Verificata la fattibilità dagli amici del CORAF (Consorzio Ricostruzione Alto Friuli), fu costruita una piattaforma di 500 mq con cassoni riempiti dalle tante macerie disponibili e vi fu costruito sopra il prefabbricato della scuola. Coi soldi donati dai volontari si riuscì ad acquistare box per altre aule e alloggi per gli insegnanti.
La scuola riprese col sostegno dei padri Stimmatini di Udine che “prestarono” un preside e regalarono i primi banchi.
Il Ministero della Pubblica Istruzione concesse il riconoscimento legale a conclusione di un incredibile procedimento ben descritto nei pannelli delle mostre riportati in questa sezione del sito.
Nelle pagine web a seguire lasciamo che la vostra curiosità porti ad appassionarvi alla storia della scuola, da allora sino a oggi!